" In un futuro non troppo remoto e che somiglia in modo preoccupante al nostro presente, la merce, l'intrattenimento e la pubblicità hanno ormai occupato anche gli interstizi della vita quotidiana. Il Canada e gli Stati Uniti sono una sola supernazione chiamata ONAN, il Quebec insegue l'indipendenza attraverso il terrorismo, ci si droga per non morire, di noia e disperazione. E un film perduto e misterioso, "Infinite jest", dello scomparso regista James Incandenza, potrebbe diventare un'arma di distruzione di massa... "

Considerazioni finali

Questo blog rappresenta un tentativo di analisi e ricerca all'interno delle 1280 pagine dell'opera di David Foster Wallace Infinite Jest di un tema ben specifico: gli oggetti di design.

Come prima cosa bisogna spiegare cosa si intende per "design": un oggetto di design è un qualsiasi oggetto progettato secondo criteri ben definiti, quali qualità, semplicità e funzionalità. Deve soddisfare le esigenze definite nelle fasi iniziali del progetto privilegiando l'utilizzo pratico alla mera estetica.
Nel suo romanzo Wallace (vedi biografia a lato) descrive un'infinità di oggetti, molto spesso senza nominare esplicitamente di cosa sta parlando, o addirittura inventandone i nomi e citando brand inesistenti: questa attenzione probabilmente è data dal desiderio di non infastidire ed evitare di ricevere eventuali querele in quanto il racconto tratta di un mondo futuro molto simile al nostro, forse troppo, precipitato in una situazione "apocalittica" in cui il consumismo ha raggiunto livelli tali da rinominare gli anni con i nomi dei brand via via sponsorizzati.

E così, accanto a sistemi elettronici come il teleputer, cartucce televisive, intercom e laptop, sono presenti oggetti molto specifici, descritti meticolosamente nel funzionamento, nei colori e nei materiali.

Nell'analisi fatta, i vari oggetti trovati sono stati suddivisi in macrocategorie, le stesse che attualmente caratterizzano gli indirizzi specifici del design: dall'automotive design, ovvero l'ideazione e la progettazione di mezzi di trasporto, al più generico product design, passando per filoni più specifici come il fashion design, o design della moda, il furniture design, e dunque tutto ciò che riguarda l'arredamento, fino al toys design, la progettazione di giocattoli, uno degli indirizzi più complessi. 


Hush Puppies

"e rovista in una delle vecchie scatole da scarpe Hush Puppy di Mario piena di lettere e istantanee." (pag.1204)

Il Marchio Hush Puppies, ideato dall'azienda americana Wolwerine Worldwide Inc, venne introdotto per la prima volta alla fiera nazionale della calzatura di Chicago del 1957: proponeva scarpe comode, leggerissime, in pelle di cinghiale scamosciata e spazzolata dotate di suola in gomma.

Il nome del marchio prese ispirazione dalle frittelle di mais, denominate "hush puppies", che gli agricoltori utilizzavano per tranquillizzare i cani che abbaiavano. Allo stesso tempo l'espressione "cani che abbaiano" in inglese indicava i piedi stanchi. Da lì l'idea di unire i due lemmi: nel 1958 la società acquistò, per soli $50, la fotografia di un bassotto dagli occhi dolci che sarebbe diventato il logo caratteristico di questa comoda calzatura casual ma allo stesso tempo elegante. 

Stetson Sutley

"Gately si era sentito sciogliere gli intestini dall'angoscia: si ricorda troppo bene le scarpe marroni, gli occhi da maiale, lo Stetson con le piume di un certo Assistente Procuratore Distrettuale di Revere, l'uomo senza rimorso che andava pazzo per il cibo del Terzo mondo." (pag. 1014)

Verso la metà del 1800 un giovane americano, John B. Stetson, figlio di un produttore di cappelli, a causa di una diagnosi di tubercolosi che doveva lasciargli pochi mesi di vita, partì alla scoperta del West.

Dopo aver visto le terribili condizioni in cui i cercatori d’oro erano costretti a viaggiare, sotto il sole cocente e le intemperie, protetti solamente dai loro terribili cappelli in pelle di procione infestati dalle pulci, decise di costruire cappelli in feltro, leggeri, durevoli e resistenti all’acqua. 

Sandali Birkenstock

"Il pane dell'Accademia viene portato da ragazzi in bicicletta con i sandali Birkenstock dal Bread & Circus Quality Provisions di Cambridge, perché non solo deve essere senza zucchero ma deve anche avere un basso contenuto di glutine..." (pag. 755)

Alla fine del XIX secolo, quando la suola delle scarpe era tipicamente piatta, un calzolaio tedesco, Konrad Birkenstock, creò un plantare sagomato che potesse avvolgere e supportare il piede, a cui seguì la creazione delle solette in gomma flessibile da inserire all’interno di qualsiasi calzatura. La fama di queste nuove scarpe ortopediche si diffuse soprattutto tra i tedeschi, grandi sostenitori della cultura termale che prevedeva lunghe passeggiate nei boschi per le quali servivano calzature comode.

Il sandalo che conosciamo oggi, con il plantare in sughero e lattice, fece la sua comparsa negli anni '60 grazie al figlio di Konrad, Karl Birkenstock, che sperimentò combinazioni inedite di ingredienti per ottenere un materiale leggero e resiliente che sostenesse allo stesso tempo il piede.

Nel 1966 nacque il modello Madrid, il primo sandalo con plantare flessibile, l'origine del settore delle scarpe comode. 

Transformer

"... gli sembra importantissimo riuscire a ricordarsi di aver fatto qualcosa di più che stare lì seduto senza fare niente in mezzo alle sue macchinine Transformer a cercare di capire se riusciva a sentire i loro minuscoli strilli di agonia, mentre ascoltava concentratissimo." (pag. 1013)
Generazione 1 - 1986
G.I. Joe & Henshin Cyborg

La prima serie di giocattoli Transformer (
Generazione 1), prodotta in America dal 1984 dalla Hasbro, comprendeva 21 action figures tra cui  Optimus Prime, Megatron, Bumblebee, Jazz e Starscream. 

La ditta, già in collaborazione con la società giapponese Takara per la realizzazione degli stampi dei G.I. Joe, acquisì da quest'ultima i diritti per la riproduzione di una linea di robot trasformabili originariamente ideata nel 1972 su ispirazione dei coevi cartoni animati giapponesi, gli Henshin Cyborg: figure interamente snodabili alte 20-30 cm e realizzate plastica trasparente per mostrare gli impianti cibernetici interni ed il "motore atomico", una versione trasparente dello stesso G.I. Joe.

Siemens S62 in plastica trasparente

"Telefono e segreteria telefonica sono lasciti di Orin, dal tempo della sua permanenza all'Eta, vecchi modelli di plastica trasparente che lasciano a vista gli spaghetti di cavi a quattro colori e i chip e i dischi di metallo." (pag. 1204)
Siemens Delft S62 -1972

Il telefono Siemens Delft S62 in plastica trasparente è una versione rarissima del Bigrigio, il telefono fisso d'uso comune in Italia tra il 1962 e il 1985. Progettato dal designer Lino Saltini per la Siemens ed in seguito noleggiato dalla Sip (Società italiana per l’esercizio telefonico) come modello unificato per tutto il Paese, prese il soprannome dalle due tonalità di grigio che lo caratterizzavano. 

Barbie

"...la madre, della quale Barbie può essere considerata la più ovvia riduzione [...] a un archetipo di funzione sessuale e di disponibilità, la Barbie come immagine della madre edipica come immagine. (pag.659)


Nel 1945 Elliot Handler e sua moglie Ruth fondarono la Mattel Creations, azienda statunitense che inizialmente produceva artefatti in legno e, solo marginalmente, accessori per casette giocattolo.
14 anni dopo, alla fiera del giocattolo di New York del 1959, Barbie debuttò ufficialmente: progettata da Ruth Handler su modello della bambola tedesca Bild Lilli, dal look sofisticato e maturo, Barbie prese il nome dalla figlia della coppia, Barbara.

Barbie Millicent Roberts di Willows, Wisconsin, fornita di una ricca biografia (vedi versione ironica) per accattivarsi gli acquirenti,  costava solo $3 ed era dotata di un ampio guardaroba e svariati accessori tra cui automobili e animali domestici, venduti a parte.

Come asserisce Massimiliano Capella, docente di Storia del Costume e della Moda a Bergamo, “Barbie è lo specchio dei tempi, li incarna in modo perfetto. Attraverso lei è possibile ripercorre costume e società degli ultimi sessant’anni”.
Con il trascorrere degli anni il viso si assottiglia, le acconciature cambiano e il sorriso si allarga: compaiono le ciglia in fibra sintetica applicate sugli occhi, più grandi, e un nuovo brevetto permette l'articolazione in senso rotatorio del busto (twist 'n turn).

Criticata per l'immagine stereotipata della donna che promuove, con forme e proporzioni eccessivamente filiformi, è ormai un'icona mondiale.

G.I. Joe

"GI Joe viene proiettato come un'immagine della figura del padre potente ma antagonista, il "militare", e GI rappresenta l"'arma" che il bambino edipico brama e teme al tempo stesso...(pag.659)

G.I. Joe - Hasbro - 1964

Durante la prima guerra mondiale il corpo di spedizione dell'esercito americano (AEF) in Europa venne dotato di buffetterie (giberne, cinturoni) le cui parti metalliche erano marchiate con le lettere "G.I.", acronimo di galvanized iron (ferro zincato). Da quel momento in poi, soprattutto nel periodo tra le due guerre ed in special modo durante la seconda, le reclute e i soldati dell'Esercito americano venivano chiamati "G.I.": soprannome che essi stessi si davano sarcasticamente equiparandosi alle attrezzature comunemente disponibili nel servizio militare.

Nel 1945 William A. Wellman diresse il film I forzati della gloria (Story of G.I. Joe), la storia di un gruppo di soldati statunitensi chiamati appunto G.I. Joes (da G.I. e Joe, uno dei nomi americani più comuni) durante l'ultimo conflitto mondiale.

Dunlop Max 200G

"Le sue quattro racchette buone della Dunlop erano ammucchiate sulla panchina alla sinistra di Possalthwaite. Ne scelse due e controllò la tensione dell'incordatura colpendo le corde una con la testa dell'altra e ascoltando le corde, poi si cambiò di mano le racchette e ripetè la stessa procedura. La tensione esatta ha un suo suono ben preciso. Le midsize Dunlop Enqvist Tl Composites. Prezzo al pubblico Us $ 304,95. Le corde di budello vero hanno un puzzo dolciastro quasi di dentista. Il logo con il punto circonflesso..." (pag.1270) 


Inizialmente prodotta negli stabilimenti Dunlop tedeschi, la “Max 200g” segnò il passaggio dall'utilizzo dell'alluminio per il telaio, troppo flessibile per essere controllato in modo ottimale, alla grafite.  

Il processo, allora rivoluzionario, dello stampaggio a iniezione di fibra di carbonio e nylon in telai molto più leggeri fu l’unica eredità della versione antecedente, la poco conosciuta “Max 150g” che a causa delle ridotte dimensioni del piatto corde (poco più grandi di quelle di una standard size) non ebbe nessuna fortuna commerciale.




Wilson di legno

"La mia Wilson di legno che avevo scelto dal trapezio in mezzo alle mie altre Wilson di legno era un'espressione senziente del braccio e della mano, li sentivo cantare, vivi, la mia mano capace era la scrupolosa segretaria della mente, agile, pronta e a prova d'errore..."
Wilson Jack Kramer Autograph

Fino agli anni '70, la maggior parte delle racchette da tennis veniva prodotta in legno lamellare: le dimensioni del piatto corde (l'ovale) erano minori e per questo la superficie d'impatto ottimale (sweetspot) era ridotta.

La caratteristica principale delle racchette Wilson in legno era la robustezza derivata dal maggior spessore degli strati di legno impiegati e dalla loro spigolosità.

Il problema del legno era infatti la scarsa robustezza del materiale: un piatto corde più grande sarebbe stato meno resistente e per questo motivo doveva essere irrobustito aumentandone la sezione, con un amento di peso elevato.

MR Tavolino Knoll - L.M. Van der Rohe

"Mario siede sul piccolo tavolino da caffè finto Van der Rohe con le gambe arcuate (il tavolo), la testa accucciata accanto alla cassa e gli artigli in grembo." (pag.228)

L.M. Van der Rohe - Tavolino MR

Il tavolino da caffé in vetro e acciaio di Ludwig Mies Van der Rohe è firmato dall'azienda statunitense di arredamento Knoll International ed è uno degli articoli della collezione MR che l'architetto tedesco disegnò per il Barcelona, il padiglione tedesco all'Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929.

Opera minimalista dalle linee pure e semplici, in perfetto stile moderno, il tavolino MR è realizzato con struttura in tubolare d'acciaio con finitura cromata lucida e piano in cristallo trasparente o acidato.

Mercury Montclair

"Dài un'occhiata, Jim, è qui che teniamo questa Mercury Montclair del 1956 che conosci bene. Questa Montclair pesa 3900 libbre, una più una meno. Ha otto cilindri e un parabrezza curvo e le pinne aerodinamiche, Jim, e una velocità massima su strada di novantacinque miglia all'ora, non una di più non una di meno. La prima volta che l'ho vista ho descritto al venditore la tonalità della vernice di questa Montclair come rosso labbra-mordicchiate." (pag.188)


Mercury Montclair convertible -1956
La Mercury Montclair del 1956 è un esempio lampante di un tempo in cui i produttori facevano tutto il possibile per far risaltare le loro vetture: con un'altezza di 58,6 pollici, progettata come un'auto di lusso, era commercializzata come la berlina più bassa che si potesse comprare. Venne basata sulla concept car (prototipo) Mercury XM-800 e fu collocata al top della gamma Mercury. Il nome "Montclair" derivava da una città del New Jersey. Dal 1955 al 1956 le Montclair vennero dotate di abbondanti cromature e, su richiesta, di verniciatura bicolore.

Ford modello A

"Dieci dollari in totale per un fine settimana intensivo quando viviamo in una gloriosa roulotte e dobbiamo dividere il garage con due Desoto e quella che sembra una Ford modello A senza le ruote e la mia Montclair non può permettersi il tipo di benzina che merita." (pag.195)



Henry Ford
Henry Ford (1863-1947) fu un industriale statunitense esponente del self-made man. Nel 1903 fondò la Ford Motor Company. Noncurante delle oscillazioni del gusto, puntò ad un modello sempre più perfetto e funzionale.

1908-1927 → Modello T (Tin Lizzy, Lizzie di latta): il suo prodotto più famoso, la prima utilitaria ridotta all’essenziale, costruita con materiali resistenti e leggeri, un'automobile alla portata di tutti e di facile manutenzione. Per la sua fabbricazione introdusse la linea di montaggio (1913).

Air dome

"... cura la manutenzione della cupola gonfiabile in dendriuretano conosciuta come il Polmone, che copre la fila di mezzo dei campi. [...] La Sala Pompe è come un organo polmonare [...] funziona a pieno regime solo quando il Polmone è gonfio, di solito nel periodo novembre-marzo." (pag.61)

Questo tipo di struttura utilizza aria interna pressurizzata per gonfiare un involucro di materiale flessibile (tessuti sintetici come fibra di vetro e poliestere rivestiti con polimeri come PVC e Teflon): la pressione dell'aria sull'involucro è uguale a quella esercitata a terra, in modo da spingere l'intera struttura verso l'alto. L'involucro deve quindi essere saldamente ancorato a terra attraverso pesanti contrappesi.

Jacuzzi®

"Il giorno prima che partissero - cioè circa cinque giorni fa - Orin se ne stava da solo nella Jacuzzi accanto alla piscina nel tardo pomeriggio e si prendeva cura della gamba seduto nel calore radiante e nella maledetta luce di quei momenti, la gamba a mollo nella Jacuzzi, e strizzava distrattamente la palla da tennis come continua ancora a fare per abitudine. Guardava la Jacuzzi schiumare bolle intorno alla gamba." (pag.52)

Jacuzzi® Z100 -1996
Nel 1943 Kenneth Jacuzzi sviluppa una grave forma di artrite reumatoide. Notando che le sessioni idroterapiche in ospedale contribuiscono ad alleviare le pene del ragazzo in maniera evidente, il padre, il più giovane dei 7 fratelli Jacuzzi realizza nel 1956 la prima pompa ad immersione, la J-300®, che sintetizza gli effetti curativi dell’idroterapia consentendo a Kenneth di proseguire con i trattamenti idroterapici a casa propria. Inserita stabilmente nei circuiti ospedalieri, la speciale vasca divenne sinonimo di benessere ma stentò a sfondare sul mercato, a causa del suo elevato costo e delle spese di manutenzione.